Menarini Pills of Research: studi clinici sull’uomo

Pillole dalla Ricerca – Terzo appuntamento.

Vi sarà sicuramente capitato di sentir parlare di “studi clinici” o di “test sull’uomo”, ma vi siete mai chiesti come si svolgono e chi sono le persone che vi prendono parte?

In questo articolo proveremo a rispondere a queste e ad altre domande, ma prima diamo uno sguardo alla nostra mappa di orientamento per ricordare a che punto siamo nel nostro viaggio di “Pillole dalla ricerca”.

Nel primo articolo della nostra serie, abbiamo descritto la fase di Discovery, ovvero il momento in cui il nuovo principio attivo viene appunto scoperto. 

Abbiamo poi parlato della Ricerca Preclinica, grazie alla quale è possibile definire il meccanismo d’azione e le caratteristiche farmacologiche della molecola sperimentale: se questa, una volta terminati gli studi preclinici, è valutata positivamente, vengono avviate le attività necessarie per l’inizio degli studi sull’uomo, attraverso quella che è definita Ricerca Clinica.  

La Ricerca Clinica 

Per avviare uno studio clinico è necessario preparare un protocollo specifico che riporti, tra le altre informazioni, le modalità di svolgimento dello studio e le caratteristiche che dovranno avere i pazienti per poter essere ammessi alla sperimentazione (criteri di eleggibilità).
Il protocollo viene poi valutato dagli Enti Regolatori competenti che rilasciano l’autorizzazione all’avvio dello studio. Non solo, il protocollo deve essere anche approvato dal Comitato Etico del centro in cui è effettuata la sperimentazione. Questo passaggio è fondamentale per garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei pazienti che prenderanno parte allo studio. 

Lo scopo degli studi clinici è quello di verificare l’efficacia dei nuovi farmaci nel migliorare la salute dei pazienti e di valutarne la sicurezza. Essi sono articolati in 4 fasi successive: le prime tre si svolgono prima dell’entrata in commercio del farmaco; la quarta si riferisce agli studi avviati una volta che il farmaco è già sul mercato. Scopriamole nel dettaglio.

Fase I: il nuovo farmaco è sicuro?

Gli studi di Fase I rappresentano il primo passo nella sperimentazione del nuovo farmaco sull’uomo e hanno l’obiettivo di valutarne la sicurezza e allo stesso tempo di studiarne la farmacocinetica (come l’organismo dell’uomo agisce sul farmaco) e la farmacodinamica (come il farmaco agisce sull’organismo per produrre il suo effetto). Inoltre, viene anche definito il range di dosi del farmaco da investigare nei successivi studi di Fase II. In questa prima tappa il farmaco viene somministrato in dosi crescenti a un gruppo molto ristretto di volontari sani. Vi sono però alcune eccezioni come gli studi per i farmaci oncologici, per i quali anche in questa prima fase vengono coinvolti direttamente i pazienti. Ciò accade perché i farmaci sperimentali per i tumori potrebbero risultare tossici per una persona sana e non sarebbe etico somministrarli a chi non ne trarrebbe in ogni caso alcun vantaggio. 

Fase II: il nuovo farmaco è efficace e sicuro nella patologia studiata?

L’efficacia del nuovo farmaco viene valutata negli studi di Fase II, dove viene somministrato sempre a un gruppo di pazienti ristretto, ma più numeroso di quello di Fase I. In questa fase non vengono più coinvolti volontari sani, ma pazienti affetti dalla condizione clinica presa in esame. 

L’obiettivo è quello di provare l’efficacia del farmaco testando vari dosaggi e posologie per identificare quelle ottimali. Si ottiene la cosiddetta “proof-of-concept”, ovvero sufficienti evidenze che il farmaco possa funzionare per quel tipo di pazienti. In questa fase gli studi devono essere controllati, per questa ragione il farmaco sperimentale viene confrontato con un placebo (una sostanza innocua e priva di alcuna attività terapeutica) o con la terapia di riferimento per la malattia in questione. 

Fase III: il farmaco si conferma sicuro ed efficace su grandi numeri e possibilmente migliore rispetto alle terapie già esistenti?

Gli studi di Fase III vengono generalmente condotti su larga scala, coinvolgendo anche migliaia di pazienti in diversi centri clinici e hanno l’obiettivo di approfondire e confermare i dati di efficacia ottenuti nella Fase II. Questi studi possono anche essere intrapresi per confermare o meno la superiorità del nuovo farmaco rispetto alla terapia standard di riferimento per una data malattia o per studiare nuove indicazioni e nuovi dosaggi terapeutici di farmaci già presenti in commercio. 

Se i risultati della ricerca clinica sono positivi, alla fine della Fase III l’azienda che ha sviluppato il farmaco può avviare l’iter per richiederne l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) alle autorità competenti. 

Questo però non vuol dire che la ricerca si ferma: è proprio dopo l’inizio della commercializzazione del farmaco, infatti, che vengono avviati gli studi di Fase IV.

Fase IV: come si comporta il farmaco nella “real life” e nel lungo termine?

Gli studi effettuati nella Fase IV (post-registrativa) permettono il monitoraggio del farmaco nelle sue reali condizioni d’uso e di ottenere ulteriori informazioni su efficacia e sicurezza nel lungo termine, anche in confronto ad altri farmaci approvati nella stessa indicazione d’uso.

Alcuni studi post-registrativi di Fase IV si avvalgono anche delle segnalazioni spontanee di eventuali effetti indesiderati da parte di medici, farmacisti e degli stessi pazienti. Lo scopo finale è quindi quello di monitorare la sicurezza dei farmaci in commercio.

Come abbiamo visto, è necessaria una lunga e meticolosa sperimentazione prima che un nuovo farmaco possa essere considerato idoneo per l’immissione nel mercato. I ricercatori, i clinici e le aziende farmaceutiche che sostengono la ricerca sono sicuramente gli attori principali della fase sperimentale, ma a chi spetta la valutazione finale del farmaco? Chi rilascia l’AIC? Lo scopriremo nel prossimo articolo delle nostre “Pillole…dalla ricerca”.

Se ti sei perso le altre tappe delle “Pillole… dalla ricerca”, puoi leggerle qui:

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