Menarini Pills of Research: gli studi preclinici

Eccoci tornati all’appuntamento con la ricerca nella nostra rubrica Pills of Research, dedicata oggi alla seconda tappa dello sviluppo dei farmaci: gli studi preclinici.

Facciamo un veloce riepilogo: l’obiettivo di questi approfondimenti è scoprire insieme quello che accade durante il lungo viaggio che una molecola compie prima di diventare farmaco. Nella fase di Discovery – la prima in assoluto – siamo stati nei laboratori di ricerca, dove vengono analizzate migliaia di molecole, allo scopo di identificare un nuovo principio attivo in grado di esercitare gli effetti terapeutici desiderati.

Oggi, nella seconda tappa di questo percorso, parleremo degli studi preclinici, ovvero gli studi che definiscono le caratteristiche farmacologiche delle molecole selezionate nella fase di Discovery.

Gli studi preclinici

Come il nome stesso suggerisce, questa seconda fase precede gli studi clinici ed è molto importante per l’analisi di diversi aspetti del farmaco, in particolare: il suo meccanismo d’azione (ovvero il modo in cui esso agisce per produrre l’effetto terapeutico) e la sua potenza (ossia l’efficacia nel produrre tale effetto). Queste valutazioni sono possibili grazie all’utilizzo di modelli sperimentali rilevanti, a livello biologico e clinico – per validare bersagli molecolari nel contesto della malattia. Un esempio? I cosiddetti modelli ex vivo, che prevedono l’utilizzo di cellule o tessuti prelevati dai pazienti e coltivati in laboratorio sotto opportune condizioni di sterilità. Tali modelli sono di fondamentale importanza in quanto forniscono ai ricercatori un prezioso strumento per meglio comprendere l’azione del farmaco prima che esso venga utilizzato sull’uomo. Così facendo, solo i farmaci più attivi saranno selezionati per proseguire nello sviluppo, diminuendo quindi il rischio di fallimento nelle fasi successive. Non di rado, infatti, accade che nel corso degli studi preclinici alcuni composti vengano giudicati non idonei a proseguire a causa della loro mancanza di efficacia o dell’elevata tossicità.

Un altro obiettivo degli studi preclinici è l’identificazione dei biomarcatori, ovvero indicatori di processi patologici o di risposte biologiche al trattamento che si sta valutando. Variazioni in un dato marcatore (per esempio i livelli di una specifica proteina) possono infatti essere correlate con il rischio o la progressione di una malattia, o con la suscettibilità della stessa ad un dato trattamento.

L’identificazione di tali marcatori permette anche di individuare la popolazione di pazienti che potrà maggiormente beneficiare dell’utilizzo del farmaco nella successiva sperimentazione clinica.

Dopo aver esaminato il meccanismo d’azione e aver studiato l’attività farmacologica della molecola in esame, essa viene sottoposta a ulteriori test che ne valutano  il profilo di sicurezza. A questo punto, la molecola può essere giudicata idonea (o meno) per proseguire nello sviluppo, non prima però di averne stabilito la dose appropriata per il primo utilizzo sull’uomo, la formulazione e la via di somministrazione.

Nel complesso, i dati emersi dagli studi preclinici sono di supporto fondamentale nel processo di sviluppo dei farmaci. Se alla fine degli studi preclinici un farmaco si dimostra “promettente”, vengono avviate le attività necessarie per l’inizio degli studi clinici sull’uomo, ma di questo parleremo nel prossimo capitolo!

Se ti sei perso il primo appuntamento delle “Pillole… dalla ricerca”, puoi leggerlo qui.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *